La pasta è, e resta, l’alimento preferito degli italiani. Con le sue decine e decine di formati e infinite ricette è un piatto che non conosce crisi e, anzi, si diffonde sempre più anche fuori dai confini del nostro Paese. Proprio questa sua presenza costante nel nostro menu deve portarci a sceglierla con attenzione, per essere certi di portare in tavola un ingrediente sano e nutriente, oltre che gustoso.
I criteri di scelta
Quando acquistiamo la pasta abbiamo diversi fattori che orientano la nostra scelta verso una confezione o l’altra: sicuramente il prezzo, ma soprattutto l’abitudine a preferire una certa marca, con la convinzione che sia meglio di altre. Se però cerchiamo conferma di questo in etichetta, non sempre troviamo elementi davvero significativi. Proviamo allora ad analizzare le diciture più diffuse per capire quanto ci possono davvero aiutare nella scelta.
“Di grano duro selezionato”
È una definizione molto generica, di nessun significato reale. Però è vero che le caratteristiche del grano duro utilizzato per la preparazione della semola sono i primi elementi che vanno a definire la qualità della pasta. A seconda della varietà utilizzata, del periodo di raccolta e della zona di coltivazione, delle modalità di coltivazione e conservazione della granella, avremo un prodotto di diversa qualità. Molti pastifici organizzano la coltivazione direttamente, altri acquistano il grano sul mercato internazionale. In effetti, può arrivare da molti Paesi del mondo. Il grano duro di migliore qualità ha in genere un alto contenuto di proteine, componenti essenziali per garantire valore nutritivo e tenuta di cottura della pasta. La tipologia di grano duro utilizzato è un elemento essenziale nella definizione del sapore della pasta. Siamo abituati a considerare questo cibo una “base inerte” insaporita dal sugo, ma una pasta di buona qualità ha un suo sapore, gradevole e deciso, che la rende gustosa anche se condita con salse leggere o in bianco.
“Made in Italy”
Di frasi che diano reali indicazioni sulla qualità del grano se ne trovano poche, ma fanno riferimento soprattutto due criteri: l’origine geografica e la modalità di coltivazione. Il grano duro è un cereale tradizionalmente mediterraneo, tipico delle regioni del sud Italia e di altre zone abbastanza calde, come il Nord Africa. Sulla pasta si trova spesso indicata l’origine quando si tratta di prodotti provenienti dalla Puglia o da regioni dell’Italia centrale, come le Marche. Ma l’origine italiana non comporta, automaticamente, una migliore qualità della semola. Scegliere “italiano” può avere altre valenze, come quella di favorire la nostra agricoltura e evitare gli spostamenti delle merci, visto che portano a un notevole dispendio di carburanti. Attenzione, poi, al concetto di “Made in Italy“. Davanti a questa scritta, chi compra pensa che il grano sia italiano. In realtà, significa solo che la lavorazione è stata effettuata in Italia, ma questa indicazione non è una certificazione dell’origine delle materie prime che sono state utilizzate.
“Pasta biologica”
Anche le grandi catene di supermercati hanno messo a punto una loro linea di pasta da agricoltura biologica. Se parliamo della normale pasta secca di sola semola di grano duro, la differenza rispetto a quella convenzionale è tutta nelle tecniche di coltivazione e conservazione della granella, perché la modalità di lavorazione della pasta non sono diverse. Ma l’origine biologica non è certo cosa da poco. Oltre alla coltivazione con soli fertilizzanti naturali e senza uso di sostanze chimiche di sintesi, è molto importante il fatto che in agricoltura biologica la difesa degli insetti e la conservazione della granella sia garantita dall’uso di atmosfera protettiva o con mezzi fisici, come la refrigerazione dei sili. Questo è una garanzia contro la presenza di residui di fosfina e altri insetticidi molto usati nella conservazione del grano convenzionale, che si ritrovano poi nella pasta che mangiamo.
“Trafilatura al bronzo”
Identifica in genere una pasta di qualità, e si riferisce a un passaggio della preparazione della pasta. Nella trasformazione da grano a pasta, la granella viene macinata e impastata con acqua. L’impasto passa quindi attraverso trafile con fori diversi a seconda del formato che si vuole ottenere; seguono il taglio e l’essiccazione. La differenza sta nelle trafile che possono essere di due diversi materiali: di teflon (tipo di pasta) o di bronzo. L’utilizzo del metallo è più complesso e costoso, ma porta ad alcuni vantaggi nella qualità organolettica della pasta. In particolare, rende la superficie più rugosa, e questo fa sì che il sugo si “attacchi” meglio alla superficie.
“Essiccatura a bassa temperatura”
I primi pastifici nacquero in Italia sulle coste della Campania e della Liguria. Per asciugare la pasta si sfruttava l’effetto della brezza marina: i tempi di essiccamento erano molto lunghi, potevano addirittura passare dei giorni prima della completa essiccatura. Oggi la pasta viene essiccata in essiccatoi, in tempi variabili a seconda dei formati, ma anche delle tecniche di produzione. Le temperature possono essere basse, intorno ai 70-75 °C, ma c’è chi si limita ai 60 °C, o più alte, 85 °C e più. Le alte temperature riducono i tempi di produzione ma creano anche una diminuzione del valore nutritivo della pasta. Infatti, c’è una componente delle proteine, la lisina, già carente nel grano, che risulta progressivamente distrutta man mano che la temperatura di essiccazione aumenta. Lo stesso accade per alcune vitamine del gruppo B.
I tipi integrali
La pasta può essere un ottimo integratore di fibre. Se in quella normale ce n’è l’1,5%, in quelle integrali si può superare il 5% del peso. In questo modo, con un piatto di pasta si arriverà ad assumere un terzo delle fibre che servono ogni giorno. Sono tre le tipologie di pasta ricche di fibre.
• Integrale. La “pasta di semola integrale di grano duro” può essere preparata solo con semola integrale, senza aggiunte. Di solito è ottenuta con grano biologico e questo dà maggiori garanzie sull’assenza di sostanze chimiche come la fosfina, che si accumula nel grano convenzionale negli strati più esterni del seme.
• Tipo integrale. È preparata con una miscela di semola e crusca raffinate. Spesso viene integrata con aggiunta di minerali e vitamine.
• Con più fibre. Sono prodotti, arricchiti con fibra, ma non scuri nell’aspetto. A volte contengono anche germe di grano.
Questione di qualità
È migliore se…
• Ha la superficie rugosa. È una caratteristica della pasta trafilata al bronzo e risulta essere la migliore perché trattiene meglio il sugo e rimane più gustosa.
• Ha un buon gusto e profumo. Nella pasta di semola non possono essere aggiunti aromi di alcun genere. Gusto e profumo, quindi, sono diretta conseguenza della qualità del grano utilizzato.
È peggiore se…
• Non tiene la cottura. Se la pasta non tiene la cottura significa generalmente che è stata prodotta con grano di bassa qualità o con piccole percentuali di grano tenero.
• Ha molti puntini bianchi o neri. I puntini neri sono impurezze, come frammenti di vegetali o insetti, per quanto una buona cura nella conservazione dopo la raccolta dovrebbe tener lontano il grano dai parassiti; comunque non si corrono rischi igienici grazie all’essiccazione e alla bassa percentuale di acqua. I punti chiari sono indice invece di cattivo essiccamento oppure segnalano la presenza di farina di grano tenero.
È da valutare se…
• Tiene bene la cottura. Una pasta ottenuta da grano duro con un alto contenuto di proteine ha, in genere, una buona tenuta in cottura, e questo è indice di buona qualità. Ma può succedere che anche paste di bassa qualità risultino al dente se l’essiccazione è stata effettuata a temperature molto alte.
• È di colore chiaro. D’istinto si tende a preferire la pasta più gialla, perché ricorda l’immagine del grano matura. In realtà, può essere il risultato di una trafilatura al teflon o un’essiccazione ad alta temperatura che rendono la pasta più gialla. Il colore, quindi, non è un indice di qualità.