È bene specificare subito che non si tratta di una dieta unica: sotto la definizione di digiuno intermittente (o Intermittent fasting per dirla con gli anglosassoni) si raggruppano svariate diete basate su una scansione oraria che può essere giornaliera o settimanale (se non addirittura mensile) e che prevedono momenti di dieta libera alternati, appunto, al digiuno o a un regime fortemente ipocalorico. L’abitudine di tenere l’organismo a digiuno, o quasi, per dei periodi limitati di tempo, oltre alle gestione del peso si ritiene possa anche ridurre i processi infiammatori e apportare dei vantaggi sulla salute metabolica, ad esempio migliorando il controllo dell’ipertensione, della glicemia e del diabete di tipo 2.
Tuttavia, non essendoci solo un tipo di digiuno intermittente, gli studiosi hanno bisogno di verificare gli effetti sul determinato approccio che hanno scelto. È il caso di una ricerca cinese pubblicata a inizio anno nella quale un regime fortemente ipocalorico di 5 giorni, seguito da 10 giorni di dieta normale, in circa la metà dei partecipanti aveva esercitato un’azione dimagrante, oltre a eliminare il bisogno di assumere farmaci per controllare glicemia e diabete.
In effetti, riuscire a dimagrire non è facile per chi ha il diabete di tipo 2 o una glicemia fuori controllo. Condizioni che frequentemente sono associate a sovrappeso e obesità: di conseguenza già perdere qualche chilogrammo può apportare dei benefici ed è considerato un buon risultato.
E a proposito del rapporto tra alimentazione, diabete e peso, va certamente segnalata la recente pubblicazione su JAMA Network Open di un nuovo studio clinico condotto da un team di ricercatori dell’Università dell’Illinois (Chicago) che ha valutato gli effetti di un particolare tipo di digiuno intermittente, oppure di una dieta ipocalorica standard, sulla gestione della glicemia e del peso in gruppi di persone con il diabete di tipo 2.
Due approcci da testare
I ricercatori hanno arruolato 75 partecipanti e li hanno divisi in tre gruppi. Il primo doveva attenersi alle regole imposte dal digiuno intermittente, consumando tutti i pasti della giornata in una finestra di otto ore che si apriva a mezzogiorno e si chiudeva alle otto di sera. Al secondo gruppo è stato richiesto di seguire una dieta ipocalorica con un riduzione del 25 per cento dell’apporto energetico. Il terzo è il cosiddetto gruppo di controllo che doveva solo continuare le solite abitudini. Nel corso di sei mesi a tutti i volontari sono stati misurati il peso, la circonferenza della vita, i livelli di glicemia sanguigna e altri indicatori metabolici.
Alla fine del periodo, rispetto a quello di controllo, il gruppo del digiuno aveva perso più peso (meno 3,6%) del gruppo della dieta ipocalorica (meno 1,8%). Entrambi i gruppi hanno avuto riduzioni simili dei livelli di glicemia a lungo termine, misurati mediante il test dell’emoglobina glicata, che indica la media delle glicemie degli ultimi tre mesi (meno 0,91% gruppo digiuno, meno 0,94% gruppo dieta). Infine non sono stati segnalati eventi avversi gravi durante lo studio, e gli episodi di ipo o di iperglicemia non differivano tra i primi due gruppi con quello di controllo.
Più facile per chi è stufo
Nell’articolo di presentazione della ricerca, l’autrice senior Krista Varady ha affermato che i partecipanti al digiuno intermittente avevano seguito più facilmente questo metodo rispetto a quelli del gruppo della dieta ipocalorica. I ricercatori ritengono che ciò in parte sia dovuto al fatto che alle persone diabetiche viene generalmente consigliato di ridurre le calorie come prima linea di difesa. Di conseguenza, molti di questi partecipanti probabilmente avevano già provato – e lottato – con le diete più classiche. Al contrario, ai partecipanti del gruppo del digiuno non è stato chiesto di ridurre l’apporto calorico (sebbene lo abbiano lo stesso ridotto a causa della restrizione oraria. Perché alla fine le calorie diminuiscono con entrambi gli approcci).
Non decidere da soli
“Il nostro studio dimostra che durante il giorno avere un tempo limitato per mangiare può essere un’alternativa efficace alla dieta tradizionale per chi non può seguire la dieta tradizionale o è stufo di seguirla”, ha affermato Varady. “Per molte persone che cercano di dimagrire, tenere conto del tempo è più facile che contare le calorie”. E se durante la finestra alimentare si rispettano anche le linee di sana alimentazione ancora meglio.
Infine, sebbene in questa ricerca sia stato dimostrato che una finestra alimentare di otto ore risulti sicura per i diabetici, gli autori raccomandano di non decidere da soli di seguire questo approccio dietetico ma di parlarne assolutamente con il proprio medico. Una cautela che, specie in caso di diabete, diventa ancora più importante.