Gli effetti negativi dell’allevamento intensivo sull’ambiente, giustamente messo sotto accusa anche per le sofferenze inflitte agli animali, sono ormai riconosciuti all’unanimità. Non a caso carne e prodotti di origine animale appaiono in cima alla lista dei cibi ad alto costo ambientale nella piramide ecologica proposta in Italia al fine di mettere in luce il bilancio ambientale dei diversi ingredienti della nostra cucina.
È stato calcolato che una diminuzione degli animali allevato a scopo alimentare può contribuire in modo significativo alla riduzione della produzione di CO2 e consente, nel contempo, una migliore pianificazione delle aree destinate alla coltivazione. Permette, quindi, di gestire in modo più equilibrato gli spazi agricoli e quelli forestali, garantisce una maggiore disponibilità di risorse alimentari (acqua compresa) e, allo stesso tempo, aiuta a prevenire la deforestazione del pianeta, che ha gravi ricadute sui mutamenti climatici in corso.
Del resto, proprio i mutamenti climatici, insieme all’aumento progressivo della popolazione mondiale e alla crescita economica di alcuni paesi in via di sviluppo, stanno comportando una vera e proprio rivoluzione nel mercato delle risorse alimentari. Speculazioni, preoccupanti impennate dei prezzi e riduzione della disponibilità di cereali sono una realtà all’ordine del giorno destinata a crescere. Come cresce, con l’abuso di cibi troppo ricchi di grassi e proteine animali legato allo sviluppo economico, il numero di persone in sovrappeso: mezzo miliardo, in tutto il mondo. Una sorta di tsunami che inciderà in modo sempre più significativo sui costi sociali legati alla salute.