Numerosi studi su modelli animali mostrano una relazione tra il tempo di assunzione del cibo e la regolazione del peso. Ma non era ancora stato osservato se il successo di una dieta per il controllo ponderale nell’uomo sia o meno associato all’orario dei pasti. Ora, uno studio su un campione di 420 persone in dieta dimagrante da 20 settimane (49,5% donne, età: 42 ± 11 anni; BMI: 31.4 ± 5.4 kg m2) ha colmato questa lacuna.
I soggetti sono stati divisi in due gruppi in base alla loro abitudine di assumere i pasti, rispettivamente prima o dopo le 15. Le persone abituate a mangiare tardi hanno perso peso più lentamente e in misura minore rispetto a quelle abituate a mangiare prima (p = 0,002). Ma sia l’apporto energetico e la composizione della dieta, sia il consumo di energia stimato il livello di ormoni di grelina, come pure la durata del sonno erano simili nei due gruppi. La più evidente differenza fenotipica tra i due gruppi consisteva nel fatto che chi mangiava tardi aveva la tendenza ad addormentarsi più tardi e, soprattutto, a “saltare” la prima colazione (tutti p <0,05), rispetto ai mangiatori precoci. Dall'esame del genotipo, è risultato che i primi presentavano un polimorfismo del gene CLOCK (Circadian Locomotor Output Cycles Kaput) rs4580704, uno dei geni che regolano il ritmo circadiano, (p = 0,015). Sulla base di simili evidenze, le strategie per la riduzione ponderale dovrebbero tener conto non soltanto dell’apporto calorico e della distribuzione di macronutrienti, ma anche degli orari dei pasti.