Il cibo anti-stress, con cui consolarsi quando le cose non vanno per il verso giusto, consolerebbe davvero. Il “comfort food“, come lo chiamano gli anglossassoni, riesce a far passare per un po’ i dispiaceri. È la conclusione di uno studio condotto dall’Università della California di Los Angeles (Stati Uniti) su oltre 2mila donne fra 18 e 19 anni.
Lo studio aveva come obiettivo quello di valutare se il comfort food fosse in grado di condizionare la percezione dello stress causato dagli eventi avversi della vita e se questo il suo “effetto tampone” fosse diverso a seconda della condizione psicologica di ognuna.
Cibo consolatorio anti-stress?
Le partecipanti hanno risolto dei test riferendo le loro esperienze avverse, quale fosse la loro percezione di stress psicologico e se tendessero a mangiare di più in caso di emozioni negative. Dai risultati è emerso che la percezione dello stress psicologico era attenuata in chi scacciava ansia, noia e tristezza con un po’ di comfort food rispetto a chi, per sentirsi meglio, non mangiava. Tuttavia il cibo consolatorio non era per nulla efficace nelle donne che soffrivano di depressione.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Appetite, presenta tuttavia delle limitazioni a cominciare dal campione non rappresentativo per quanto numeroso e che ha considerato una fascia di età troppo limitata.
Che cibo sceglie chi cerca conforto nel mangiare?
Con il termine inglese “comfort food” ci si riferisce agli alimenti che danno un senso di piacere a chi li consuma e che soddisfano un bisogno emotivo. Possono essere cibi o pietanze che ricordano l’infanzia che gratificano e che piacciono. A ognuno il suo comfort food, ma tra le varie possibilità spiccano i cibi dolci che aumentano il buonumore: biscotti e torte, dolci al cioccolato, gelato, cioccolata… L’effetto sul buonumore è da attribuire a particolari sostanze contenute negli alimenti, in particolar modo in quelli contenenti carboidrati, che agiscono sul sistema nervoso centrale attraverso i neurotrasmettitori. Tra questi, i principali sono la serotonina, la dopamina e le endorfine.
Quali sono i rischi di chi eccede con questa pratica di ricorrere al cibo per consolarsi?
La gratificazione e il conforto dato dal cibo può dare effetti positivi, purché nell’ambito di uno stile di vita sano e attivo. Nel momento in cui si abusa spesso di questa forma di consolazione possono insorgere problematiche alimentari: gli alimenti che, per antonomasia, confortano e tirano su il morale sono alimenti ipercalorici, ricchi di zuccheri e grassi e che, se consumati abitudinariamente, in sostituzione a pasti regolari e in mancanza di attività fisica, possono portare a incremento ponderale. Si deve fare in modo che il cibo non diventi l’unica via di sfogo: l’atto consolatorio può divenire un gesto compulsiva e l’effetto sarebbe deleterio.
È sbagliato ricorrere al cibo come fonte di consolazione per le avversità della vita perché può innescare un meccanismo pericoloso di dipendenza. Il cibo consumato in eccesso in risposta ad una condizione emotiva è un meccanismo che non va incentivato o meglio va corretto, se presente. Diverso è consolarsi ogni tanto con un dolce purché non diventi un abitudine.