In vista di Expo 2015 tutti fanno da tempo delle riflessioni sul tema del cibo e dell’alimentazione, nei prossimi mesi ci trasformeremo da Paese di allenatori di calcio a Paese di dietologi e nutrizionisti. Il tema del cibo sta toccando un po’ tutti, e anche io nei giorni scorsi si è cominciato a riflettere, in particolare su un tema, ovvero la sana alimentazione e le privazioni che una sana alimentazione impone di fare.
Siamo ora approdati alla cultura del “senza“: senza sale, senza zucchero, senza olio, senza grassi etc. Siamo preda della filosofia della vita sana, si chiama “ortoressia” ed è un sintomo scoperto da un medico americano che ha così definito l’ossessione che molte persone pongono alla qualità di quello che si mangia, di quello che si compra nella spesa di tutti i giorni e di quello che si cucina a case e nei ristoranti.
Questa è la nuova frontiera dei disturbi alimentari e la tendenza di molti nuovi format della ristorazione. Spesso si parla di cucina e di stili alimentari, ma questa ossessione sta diventando sempre più diffusa. Pensate che negli Stati Uniti stanno nascendo locali per gente che non si vuole sedere, nella convinzione che si debba stare sempre in movimento; un condizionamento che trova le sue radici nelle migliaia di teorie che ogni pseudo-medico può scrivere su riviste e sui vari media, a volte sovvenzionati da interessi di “multinazionali della salute” che giocano sulle ignoranze della gente e sul sensazionalismo dilagante.
Se mangio una cotoletta rischio 5 ore di vita per i troppi grassi, se mi bevo un caffè e una brioche al bar leggendomi il giornale vengo terrorizzato dalle calorie e dal fatto che non mi sto muovendo, e così non ci dobbiamo sedere mai, sempre attivi sempre pronti a sfruttare ogni momento per stare in piedi, il tutto in funzione di una vita sana e longeva.
Possono sembrare esagerazioni ma, Expo 2015 affronterà i temi dell’alimentazione sostenibile e sana, ma noi dobbiamo fare il lavoro più grosso crearci una cultura del cibo che rispetti non solo la nostra salute e la nostra vita ma anche il piacere che il saggio Ecclesiaste ci suggeriva quando ci parlava di “un tempo per ogni cosa” e quindi ci parlava anche di un tempo “per il piacere”.